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Cambiano i governi ma la politica è sempre la stessa

Cambiano i governi ma la politica è sempre la stessa

Da quando, lo scorso anno, i grillini si presentarono con le bandiere italiane sul balcone di Palazzo Chigi per annunciare di aver “abolito la povertà” in Italia con l’approvazione della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza del 2018, tutti hanno pensato che nella Nota di Aggiornamento si facessero chissà quali scelte di politica economica.

Oltretutto, con la consueta propaganda basata sugli annunci, ogni anno tutti i politici di tutti i partiti al governo in quel momento ci mettono sempre del loro, facendo mirabolanti promesse su quanto sarebbe stato inserito nella successiva legge di bilancio. Quest’anno non hanno fatto eccezione, con la promessa di elargire 240 euro al mese per ogni figlio minorenne, l’aumento degli stipendi dei lavoratori dipendenti, il rilancio dell’economia green e via promettendo misure per accontentare le richieste della propria base elettorale.

In realtà la “Nota di Aggiornamento” è, per l’appunto, un semplice aggiornamento, fatto alla fine di settembre, del “Documento di Economia e Finanza” che viene elaborato alla fine di aprile di ogni anno e che fissa alcuni parametri generali dello scenario economico per l’anno in corso e per i successivi.

Nella Nota vengono aggiornate le indicazioni sui parametri di contabilità nazionali attesi per gli anni successivi e sulle politiche da adottare nella Legge di Bilancio che sarà presentata dal governo a fine ottobre e dovrà essere approvata entro il 31 dicembre. Attenzione: questo non significa che non si facciano delle scelte ma che queste scelte fatte dovranno essere poi dettagliate nei successivi provvedimenti – che potranno anche stravolgerle.

Il governo ha dichiarato che, per attuare le politiche di bilancio, presenterà nei prossimi mesi 23 Disegni di Legge che spaziano dalla famiglia, all’autonomia regionale, alla riforma del codice civile, alla transizione ecologica, ad altri disparati ambiti. Però c’è solo il titolo del provvedimento e bisognerà aspettare l’effettiva redazione dello stesso per capire cosa vogliano effettivamente fare.

Rispetto alle prospettive generali dell’economia, la guerra dei dazi e l’ipotesi di hard brexit hanno fatto rivedere al ribasso le stime di crescita del PIL per il 2020 di uno 0.2%. Questo valore, che sembrerebbe neutro (in fondo si tratta di una previsione dovuta a fattori internazionali) in realtà non lo è, visto che conferma la continuità della politica economica di tutti i governi degli ultimi venti anni. La crescita economica, comunque asfittica, è solo basata sulle esportazioni e non sulla domanda interna: questo significa ridurre i salari per mantenere alta la competitività delle esportazioni e ridurre il reddito disponibile per evitare che si comprino merci importate.

Questa scelta viene confermata da altri due dati. Per il 2020 l’inflazione attesa è intorno al 2% mentre l’aumento del costo del lavoro è previsto intorno all’1,5%, comprensivo della parte previdenziale. Il che significa che l’aumento di salari e stipendi dovrebbe essere intorno all’1%. Di fatto questo comporterà una diminuzione del salario reale pari all’1%. Per lo stesso motivo la “spesa delle famiglie” è prevista in discesa con -0.4%.

Il fatto che forse elargiranno poche decine di euro sotto forma di sussidi per i figli o di riduzione del cuneo fiscale non modifica per nulla queste dinamiche. Intendiamoci, a tutti fa comodo ricevere qualche soldo in più. Ma quando poi si capisce che i soldi sono molti meno di quelli annunciati, che vanno solo ad alcuni e che, soprattutto, queste elargizioni avvengono a fronte di una maggiore spesa necessaria per utilizzare alcune prestazioni sociali, si capisce dove sia la truffa.

Che si vogliano tagliare le prestazioni sociali è confermato. La spesa sanitaria, che era pari al 7% del PIL nel 2010, si ridurrà al 6.6% nel 2020. La spesa per la scuola scende dal 3.9% del PIL nel 2010 al 3.5% nel 2020.

Stanno cercando di coprire questa evidenza, che penalizza i più poveri, con l’ipotesi di differenziare i ticket sanitari in base al reddito. Questa misura servirà soltanto ad incrementare la sanità privata, che già oggi fa pagare molte prestazioni meno del costo del corrispondente ticket in un ambulatorio pubblico. Oltretutto, siccome tra le misure previste c’è “l’efficientamento della spesa pubblica” e visto che, per la maggior parte, la spesa pubblica è fatta di stipendi e pensioni, l’unico modo che hanno per tagliare ulteriormente è penalizzare le condizioni di lavoro in termini di beni strumentali utilizzati e sicurezza antinfortunistica.

Sulla Nota di Aggiornamento di quest’anno l’incognita principale era il come avrebbero evitato l’aumento dell’IVA al 25,3% che sarebbe scattato dal 1° gennaio 2020 (e al 26,8% dal 2021) per effetto delle “clausole di salvaguardia”. Si tratta di clausole che, in base al patto di stabilità europeo, vengono inserite nella legge di bilancio per compensare eventuali scostamenti tra le previsioni di entrata e le entrate effettive. Cioè se nella legge di bilancio prevedo tra le entrate “8 miliardi dal recupero dell’evasione fiscale” devo anche indicare dove troverò i soldi se poi non riesco a recuperare gli 8 miliardi che mi ero prefissato. Siccome la cosa più facile è scrivere che si aumenterà l’IVA (o le accise) queste sono le imposte che generalmente vengono utilizzate a tal fine.

È un metodo che è stato adottato da tutti i governi in Italia: in ogni legge di bilancio si inseriscono tra le voci di entrata privatizzazioni e recupero dell’evasione fiscale e, tra le voci di minor spesa, i tagli alla spesa pubblica. Si tratta di tecniche di bilancio che servono a non aumentare le tasse nell’immediato ed a rinviare al governo successivo il problema. Poi siccome le privatizzazioni non sono facili da gestire, la spesa pubblica è già ai minimi termini e gli evasori sono i grandi elettori di qualsiasi governo, al bilancio successivo si trova qualche misura per rinviare di un altro anno il problema. Di governo in governo si è arrivati ad aumenti attesi dell’IVA di 3.5 punti percentuali che, anche per quest’anno, sono stati rinviati all’anno prossimo (e verosimilmente saranno ulteriormente aumentati dalla prossima legge di bilancio).

Quest’anno il problema è stato risolto con l’aumento del deficit (al 2,2%) e con la riduzione della spesa per interessi: nell’ultima asta del BOT i rendimenti sono stati negativi. Chi li avesse comprati si troverebbe a ricevere, alla scadenza, meno soldi di quelli che avesse investito. Si tratta di una situazione paradossale frutto della politica monetaria della BCE su cui sarà opportuno tornare in futuro.

Le altre cose previste sono la solita fuffa: la riduzione dell’evasione fiscale (per un ammontare pari allo 0.4% del PIL) da realizzarsi con l’utilizzo di pagamenti “tracciabili” con bancomat e carte di credito e, sfruttando l’aumentata ludopatia indotta dalla crisi economica, con la previsione di una lotteria legata agli scontrini fiscali. Si tratta di una maggiore entrata che, per diversi motivi, difficilmente potrà realizzarsi e che, probabilmente, comporterà un ulteriore aumento delle clausole di salvaguardia nella legge di bilancio del prossimo anno.

La riduzione delle “spese e dei sussidi dannosi per l’ambiente” e nuove imposte ambientali per una cifra pari allo 0.1% del PIL, comporteranno il taglio di qualche agevolazione all’autotrasporto e l’aumento del prezzo dei carburanti. Così come verranno mantenute, per un valore pari allo 0.1% del PIL, le maggiori imposte su terreni e partecipazioni azionarie, inizialmente inserite come “provvisorie” a dimostrazione che, in Italia, non c’è nulla di più definitivo di una misura provvisoria.

Vedremo nei prossimi mesi quali misure, in concreto, metteranno in pratica per attuare quanto dichiarato. Per ora non possiamo che registrare la totale assenza di novità con la politica economica degli ultimi venti anni.

Fricche

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