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La scelta di Trump

La scelta di Trump

Di tutte le decisioni prese all’improvviso dall’ineffabile attuale presidente degli Stati Uniti d’America, quella di lasciare via libera alla Turchia di Erdogan per invadere il nord est della Siria è quella che, sicuramente, ha creato più sconcerto, persino tra i suoi fedelissimi. In effetti, l’azione turca pare andare decisamente contro gli interessi geostrategici a stelle e strisce, eliminando il Confederalismo Democratico cioè l’unica realtà che, proprio in quanto “terza”, impediva ad Assad ed a Putin di riprendere il controllo completo della regione. Negli ultimi anni, infatti, la Turchia è un paese dell’area NATO solo di nome e gravita sempre più platealmente nell’orbita russa, per cui il “corridoio di sicurezza” invocato da Erdogan, anche ammesso che resti tale e non si allarghi di fatto all’intera regione, sarebbe un ulteriore tassello a favore degli avversari della strategia USA nella regione. Di qui la rivolta di molti dei suoi stessi fedelissimi, sconcertati dall’azione del loro beniamino e conseguente dietrofront delle posizioni dell’amministrazione USA in merito. Proveremo qui a proporre alcune chiavi di lettura della situazione in merito ed ipotizzarne le conseguenze.

Lettura n° 1 – Il Prezzo del Ritorno all’Ovile

La Turchia, dicevamo, è divenuto un alleato infido per gli USA negli ultimi anni, avvicinandosi sempre più alla Russia putiniana. Una prima lettura potrebbe essere quella per cui Erdogan potrebbe avere promesso, in cambio di una distruzione del Confederalismo Democratico che Putin non gli vuole concedere, un riallineamento sulle posizioni tradizionali di paese NATO. La cosa però confligge con la reazione degli stessi altri paesi NATO e di quella, platealmente imbarazzata, dello stesso Trump a meno che questi non si siano accorti del fatto che anche la Russia putiniana potrebbe avere adesso lei le intenzioni di far capire all’alleato infido che non può fare la farfalla che vola di fiore in fiore…

Lettura n° 2 – L’Idiozia al Potere

Quando ero ragazzo, io ed i miei amici incontravamo di tanto in tanto “Nonno Pietro”, un anziano militante comunista partecipe di tante lotte e che noi vedevamo, credo, come una sorta di reliquia vivente ascoltando con piacere i suoi racconti – un po’ meno le barzellette che amava raccontare, in quanto legate ad un senso dell’umorismo oramai scomparso e che, quindi, non ci facevano ridere affatto. Una di queste, però, mi è tornata in mente proprio in occasione dell’evento di cui stiamo parlando: due contadini si incontrano; uno di loro ha appena comprato una bella vacca al mercato e se la sta portando a casa. L’altro contadino allora fa: “Compare, mi regali la vacca?”. Il primo, stupito ed un po’ arrabbiato, risponde: “Ma mi hai preso per scemo?” e l’altro “E se lo eri? Mi ero fatto una vacca”.

Insomma, è evidente che l’attuale presidente degli Stati Uniti non brilla di intelligenza e non è certo il primo caso nella storia a stelle e strisce: tra molti lettori di Umanità Nova credo sia ancora viva la memoria di Bush II che, quanto ad apparente scempiaggine, non aveva molto da invidiare al presente. Trump, però, sembrerebbe averlo superato in questa (ig)nobile gara: mentre Bush II nei momenti topici almeno capiva di non contare un tubo, lasciava le leve di comando nelle mani del padre e del vicepresidente limitandosi a raccontare favolette ai bambini delle scuole elementari, Trump sembrerebbe esserlo al punto da credere di essere davvero lui al comando e tende a prendere decisioni in piena autonomia. Il che comporta che quando Erdogan gli ha chiesto la vacca in nome della lotta a dei “terroristi” che, d’altronde, non avevano nemmeno aiutato gli USA nella Seconda Guerra Mondiale, gliel’ha concessa immediatamente senza capirne le conseguenze. Tra le quali, un assist notevole a chi nel parlamento americano ha avviato nei suoi confronti al procedura dell’Impeachment, data la dissociazione ed i dubbi sulla sua figura che ha scatenato adesso persino tra i suoi supporter.

Lettura n° 3 – L’Inganno

Questa lettura non è completamente alternativa alla prima, in quanto Trump potrebbe essere stato indotto, sempre senza capirne le conseguenze, a compiere lo stesso atto di regalia della vacca da altri, che così otterrebbero i loro scopi geostrategici ed allo stesso tempo metterebbero sotto ricatto un presidente platealmente imbelle e che, come ricordato, si trova di fronte alla richiesta di destituzione da parte del Congresso del suo paese.

In effetti, oltre all’idiozia – apparentemente – al potere, non è certo la prima volta che un governo degli Stati Uniti da prima via libera ad un altro paese formalmente amico per un’operazione militare apparentemente contraria agli interessi a stelle e strisce per poi, subito dopo, smentire platealmente il tutto. Qui la memoria deve andare al Bush n° 1 ed alla sua gestione della Prima Guerra del Golfo: Saddam, infatti, ha sempre affermato che lui aveva mosso le sue truppe solo dopo che l’amministrazione USA lo aveva autorizzato. Dopo l’attacco, però, si ritrovò non solo scaricato ma addirittura attaccato militarmente dalla comunità internazionale e, in particolare, dall’“autorizzatore”.

Si trattò, in pratica, di un processo di ridimensionamento prima, di eliminazione poi, di un alleato infido tramite una vera e propria trappola. Ora, anche la Turchia è quello che si può definire un “alleato infido”: se per caso è questa la lettura valida, Erdogan lo vedo male. In effetti, anche nel caso iracheno Saddam venne prima minacciato di sanzioni, dopo di che, di fronte al rifiuto del ritiro delle truppe, gli USA trovarono la giustificazione per il loro primo attacco militare. Se non fosse per il fatto che ci andrebbero di mezzo tanti innocenti, direi che Erdogan se lo meriterebbe.

Inoltre l’appetito vien mangiando: non è detto affatto che un eventuale intervento dell’esercito USA si debba limitare alla punizione dell’alleato infido: potrebbe tranquillamente allargarsi alla Siria e, possibilmente, anche all’Iran. Questo, però, potrebbe far intervenire nel conflitto “a favore” del Rojava proprio in maniera preventiva le potenze già presenti in forze a pochissimo dall’area: Siria e, soprattutto, Russia.

Il Confederalismo Democratico in Tutto Ciò?

Il Confederalismo Democratico – usiamo il termine corretto e non “i Curdi”: si tratta di un’esperienza di socialismo libertario a dir poco “multietnica” – si trova oggi di sicuro sotto l’attacco di forze preponderanti che lo vogliono distruggere completamente, ridando tra l’altro fiato alle truppe ISIS che è facile immaginare come si vendicherebbe sulla popolazione che ha sconfitto e fatto sfumare le loro pretese imperiali nella zona e si prepara ad una resistenza che, se le popolazioni del Rojava vengono lasciate sole, ha poche speranze.

Di fronte ad un simile scenario, di fronte al rinascere delle prospettive di morte di qualche anno fa, è probabile che le popolazioni del Rojava accettino, come hanno già fatto, l’aiuto di chiunque: nel passato la Siria, la Russia, gli USA. Personalmente non trovo affatto scandaloso questo scenario, non più di quello similare delle Resistenze europee durante la Seconda Guerra Mondiale: una prospettiva di cambiamento politico sociale più o meno radicale ma comunque antifascista che si inseriva all’interno di un conflitto già in atto tra potenze dotate di forze enormemente superiori. In casi come questi, è a dir poco ingeneroso attribuire a forze come quelle della Resistenza o del Confederalismo Democratico l’accusa di complicità con le azioni delle potenze – decisamente – maggiori con cui combattono e va applicato sempre e comunque il principio della responsabilità individuale. Anche perché dubito fortemente che, sia nel caso della Resistenza sia in quello del Rojava, gli USA abbiamo mai chiesto il parere vincolante di altri sulle dinamiche dei loro bombardamenti aerei e, già nella Seconda Guerra Mondiale ma soprattutto oggi, avevano ed ancor meno hanno bisogno oggi dell’appoggio di terra per dirigerli.

Come è evidente, lo scenario è convulso e caotico: le poche righe di cui sopra sono state scritte con la consapevolezza di non aver la palla di cristallo. Qualunque cosa accadrà, le donne e gli uomini del Confederalismo Democratico, così come i volontari internazionalisti (il discorso di “complicità” se fosse valido varrebbe anche per loro ed i rosso-bruni lo fanno) meriteranno di essere giudicati esclusivamente per quello che faranno e non per quello su cui non hanno alcuna possibilità di scelta, a meno che si consideri una scelta il farsi distruggere e dominare dal fascismo islamico in nome di una pretesa purezza ideologica.

Mi arriva ora la notizia che ad intervenire “in soccorso” del Rojava saranno Siria e Russia. Era una delle possibilità ed alla fine quello che ci deve interessare sono le possibilità di sopravvivenza dell’esperimento sociale del Confederalismo Democratico. Nonché il fatto, non proprio secondario, che hanno acceso una sigaretta in una polveriera.

Enrico Voccia

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