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Critica anarchica della riforma delle pensioni

Critica anarchica della riforma delle pensioni

Nel numero scorso di Umanità Nova abbiamo iniziato a rendere conto del lungo sciopero ad oltranza di lavoratrici e lavoratori in Francia che, al momento, dura da 47 giorni, con l’appoggio evidente del resto della popolazione e qualche leggero (e rigettato al mittente in quanto unanimemente ritenuto minimale) segno di cedimento da parte del governo. Pubblichiamo ora due testi della Federazione Anarchica (Francofona), uno che descrive i termini della lotta, l’altro il progetto politico anarchico,

Il sistema pensionistico a punti è un orrore: più di una rottura del sistema di solidarietà nazionale, peggio di un attacco ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, questa riforma delle pensioni potrebbe essere l’ultima!

Indossando gli abiti della semplificazione, della difesa dell’uguaglianza e dell’universalismo, il governo intende mascherare il fatto che il suo progetto consiste in un completo cambiamento di paradigma.

Nonostante queste finzioni, non siamo stati ingannati: questa riforma è emblematica del macronismo e della sua ideologia neoliberista. Combattere contro di essa è lottare contro il progetto della società che i capitalisti ci promettono.

Anche se molto insoddisfacente, l’attuale sistema pensionistico a ripartizione è comunque più vantaggioso per i lavoratori che in molti altri paesi. Infatti, questo sistema per annualità garantisce, dall’età legale di ritiro in pensione, un tasso di sostituzione[1. Il Tasso di sostituzione è la differenza tra l’ultimo stipendio percepito e la pensione] del 50% nel regime generale e del 75% nel servizio pubblico per una carriera completa definita da un certo numero di anni di contribuzioni. Tuttavia, questo sistema non fa che riprodurre le grandi disparità esistenti tra i dipendenti che finiscono nel calcolo pensionistico. Dal 1993, la tendenza alla controriforma ha ulteriormente amplificato l’ingiustizia strutturale di questo sistema inasprendo le condizioni per ottenere il pensionamento a tasso pieno, abbassando l’importo delle pensioni ed abbassando l’età legale per il pensionamento. Tuttavia, il progetto di pensionamento a punti che Macron cercherà di imporci non è solo un’altra controriforma del sistema pensionistico in Francia: è la fine della logica della solidarietà e della giustizia sociale, basata su una ridistribuzione della ricchezza verso coloro che erano stati in grado di acquisire pochi diritti pensionistici.

I punti essenziali di questa controriforma

1. L’inganno del permesso di pensionamento anticipato

Con il sistema a punti, i contributi servirebbero a guadagnare punti per tutta la vita lavorativa. Il giorno dell’età pensionabile legale, che esisterebbe sempre, l’importo della pensione, sarebbe calcolato moltiplicando il numero di punti guadagnati per il cosiddetto “valore di servizio”. Il valore del punto sarebbe fissato a 10 euro ed il valore di servizio del punto, al momento del pensionamento, sarebbe di 0,55 euro di pensione annuale.

Con questo nuovo sistema, non si ha un tasso di sostituzione garantito od un concetto di carriera completa, quindi nessuna sicurezza sulla pensione. Inoltre, il valore del servizio ed il prezzo di acquisto dei punti possono essere rettificati ogni anno dai gestori dei fondi pensione. In realtà ciò significherà che l’importo delle pensioni sarà ridotto, così come il modo in cui essa si ottiene, per volontà del governo e del capitale, il tutto senza nemmeno più bisogno di una nuova contro-riforma in merito. Un’altra battuta d’arresto: il calcolo della pensione tiene conto di tutta la carriera, anche dei periodi “colpiti” (formazione, disoccupazione…), e non più gli ultimi venticinque di come avviene oggi nel regime generale, o negli ultimi sei, come nella funzione Pubblica. Inoltre, non ci sarà alcun tasso di sostituzione garantito, nessuna nozione di piena carriera e quindi di conseguenza nessun tasso completo.

Qualsiasi periodo non lavorato comporterebbe pertanto una riduzione della rendita futura. Le persone che hanno avuto una disoccupazione non indennizzata in tutto o in parte sarebbero ancora più punite delle altre!

2. L’aumento della disuguaglianza di genere

In generale, le disuguaglianze tra donne e uomini peggioreranno. In media, le donne ricevono attualmente una pensione inferiore del 25% rispetto agli uomini, perché in maggioranza sono loro che lavorano su carriere sconnesse (maternità, lavoro a tempo parziale, ecc.). Punto chiave del sisteme sarà un aumento della disuguaglianza di genere tra uomini e donne. Tuttavia, il governo ritiene che il nuovo sistema consenta la concessione dei diritti della famiglia già dal primo figlio. Tuttavia, esiste già una maggiorazione del 10% della pensione per chi ha 3 figli o più, cui si devono aggiungere gli aumenti della durata assicurativa assegnati per qualsiasi bambino. Quest’ultimo attribuisce, al regime generale, 6 rendite fino a 3 figli. I trimestri di maggiorazione si aggiungono alla posizione contributiva nell’occupazione e contribuiscono ad aumentare l’importo della pensione.

Con il nuovo sistema sarebbe previsto un aumento della pensione del 5% per figlio. Questo aumento però sostituirebbe sia la maggiorazione familiare sia l’aumento del 10% per 3 o più bambini. In realtà, ciò costituirà una riduzione dell’aliquota pensionistica, spacciata per “migliore considerazione dei diritti familiari”. Nel tentativo di armonizzare i dispositivi di reversione, il governo ne limita l’accesso. Questo diritto di reversione sarà aperto solo dall’età di 62 anni, quando ora sono 55 anni nel regime generale e per la maggior parte dei regimi, 50 per la pensione integrativa privata e senza soglia di età per la funzione pubblica. Il diritto di reversione sarebbe abolito per i divorziati o i risposati dopo il 2025.

Sapendo che le donne rappresentano il 90% dei beneficiari delle pensioni di reversione in Francia, sono ancora loro le principali vittime di queste ritorni al passato.

3. Il mascherato ritorno al passato dell’età di accesso alla pensione

Il nuovo sistema pensionistico consente teoricamente la possibilità di lasciare il lavoro all’età legale di 62 anni, ma introduce un’età cardine di 64 anni in base alla quale l’importo della pensione anticipata sarebbe decurtato del 10% a 62 anni e del 5% a 63 anni. Al contrario, è previsto un sovrapprezzo per un pensionamento dopo i 64 anni, poiché gli anni di lavoro extra permettono di beneficiare di un bonus del 5% all’anno in caso di pensionamento posticipato. L’età cardine sarà una delle leve del nuovo sistema, così come il valore di servizio del punto e quello del punto di acquisto.

Sotto la copertura ideologica della libertà, le lavoratrici ed i lavoratori non hanno altra scelta che rimandare la data della pensione per evitate di ricevere pensioni troppo basse! Questa cosiddetta libertà di scegliere se lasciare o continuare a lavorare per acquisire punti extra si riduce a poca cosa. Infatti, è noto che solo la metà delle persone sono ancora occupate al momento della liquidazione della pensione e che l’usura professionale si verifica molto prima dell’età di pensionamento in molte occupazioni. Altrimenti detto, il lavoro è arduo – e alcuni lavori anche più di altri – e (non dispiaccia a Macron), con un tale progetto, questa fatica proseguirà senza Iimite.

4. La fine dei regimi particolari nella funzione pubblica

L’argomentazione del “regime unico” e dell’universalismo utilizzato come un arma con cui il governo maschera un proposito estremamente cinico: la fine dei regimi speciali è la fine della considerazione della difficoltà di certe professioni. In altre parole, tutti le/i dipendenti sarebbero tirati verso il basso, con la perdita dei loro diritti. Per 5 milioni di lavoratori pubblici il calcolo dell’intera carriera nel sistema pensionistico per punti, invece degli ultimi sei mesi, porterà a una riduzione delle pensioni. Si prevede pertanto che i primi anni [con una retribuzione inferiore che abbatte la media del salario sui si calcola la pensione, NdT] saranno inclusi nel calcolo, cosa che non avviene oggi.

Non vi è alcuna garanzia che la loro integrazione privata della pensione sia sufficiente [ad avere una pensione accettabile, NdT] perché tutto dipende dalla loro quantità e in molti casi incide poco o per nulla. Inoltre, tenendo conto nel calcolo dei contributi dei primi anni ciò ridurrà necessariamente i salari delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici. Puntando il dito contro le regole particolari, il governo cerca di dividere il mondo del lavoro! Non cadiamo in questa trappola grossolana e chiediamo invece migliori condizioni per tutte e tutti!

5. Il rischio dell’apertura alla capitalizzazione dei contratti

Il piano del governo comprende anche i finanziamenti. Con lo stipendio mensile di oltre 10.000 euro lordi, non contribuiremo più nel sistema comune: questi redditi elevati dovranno acquistare un risparmio pensionistico in investimenti finanziari, che darà diritto ad agevolazioni fiscali e verranno quindi pagati da tutti i contribuenti. Essenzialmente l’obiettivo del regime nascosto dietro questa misura è quello di spingere le persone con redditi elevati a costruire una pensione supplementare con un’assicurazione privata. Finora il bilancio delle pensioni sul mercato è sfuggito alla finanza. Ma con questo nuovo sistema, questo è finito.

La riduzione delle pensioni costringerà inevitabilmente le lavoratrici ed i lavoratori a costruire una pensione capitalizzata con tutti i rischi che ciò comporta (calo delle azioni, crollo del mercato azionario, appropriazione indebita fraudolenta …).

6. Un sedicente aumento delle pensioni minime

Secondo il governo, la pensione minima sarà aumentata all’85% della SMIC netta, o 1000 euro, per una “carriera completa”. In realtà, la “Legge Fillon” del 2003, prevedeva già la realizzazione della pensione minima all’85% della SMIC[3] netta entro il 2008! Questo, naturalmente, non è mai stato realizzato.

Inoltre, con il regime dei punti, non ci sarà più la nozione di carriera completa e, per una carriera incompleta, questo importo sarebbe ancora da vedere. Quindi ancora una volta questo è un effetto di annuncio.

7. Il tetto alla spesa annuncia un ulteriore taglio delle pensioni

La decisione del governo di capitalizzare la spesa pensionistica a rendita costante, che dovrebbe essere di fronte alla spesa corrente del 13,8% della spesa interna lorda (PIL) solleva il timore di un’ulteriore riduzione delle pensioni. Infatti, nell’attuale contesto di diminuzione delle disparità vi è un rischio molto significativo di regressione.

La decisione di porre un tetto al peso delle pensioni in relazione alla ricchezza prodotta, poiché la percentuale dei pensionati nella popolazione aumenterà, equivale a programmare l’impoverimento di costoro!

8. Fine della gestione paritaria

Per gestire questo sistema pensionistico, il governo propone la creazione di un fondo pensionistico nazionale universale responsabile della gestione operativa. La governance di questo fondo sarà fornita da un Consiglio d’Amministrazione composto da 26 componenti: 13 rappresentanti degli assicurati nominati dalle organizzazioni sindacali e 13 rappresentanti dei padroni nominati dalle organizzazioni professionali. Controllato dal parlamento e dal governo, questo consiglio potrà pronunciarsi sulla determinazione della evoluzione degli assegni previdenziali, la rivalutazione del valore del punto, dei tassi di quotizzazione e l’uso delle riserve finanziarie. Tuttavia, alla fine è il governo che deciderà quale seguito intende dare a queste proposte nella redazione del bilancio.

Federazione Anarchica (Francofona)

[Traduzione di Enrico Voccia]

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