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Tutti uniti, tutti insieme…

Tutti uniti, tutti insieme…

L’entità conosciuta come “Anonymous” è tornata nelle ultime settimane sulle prime pagine web dopo l’annuncio, arrivato immancabilmente sotto forma di un video, di aver sferrato altri colpi, dopo quelli dello scorso mese di gennaio, contro il “cyber terrorismo islamico” in risposta alla strage compiuta nella redazione di “Charlie Hebdo”.

Come sempre accade per tutto quello che riguarda questo ben noto gruppo di attivisti digitali la notizia è stata ampiamente ripresa e commentata dai mass-media, in questo caso particolare con maggior interesse del solito in quanto il bersaglio degli attacchi sarebbero coloro che reclutano o propagandano in Rete la guerra del cosiddetto stato islamico contro il resto del mondo.

Nonostante l’innegabile successo mediatico di questa nuova campagna, il “bottino” però sembra davvero scarso, almeno stando ai numeri pubblicamente disponibili fino a questo momento, che sono per altro anche contraddittori [1]. Si tratterebbe di alcune centinaia di account “Twitter”, qualche decina di pagine Facebook e un numero imprecisato di mailbox [2], a questi andrebbero aggiunti una dozzina o poco più di siti bloccati. Decisamente un po’ poco per vantarsene più di tanto, ma abbastanza per i giornalisti a corto di scoop.

Due sono gli aspetti interessanti della storia, quelli che hanno suscitato l’attenzione dei commentatori più attenti e meno propensi a subire il fascino dello spettacolo anche quando arriva dalla Rete.

Il primo riguarda il contenuto di uno dei comunicati video, nel quale si afferma, tra le altre cose: “Noi siamo musulmani, cristiani, ebrei. Siamo hacker, cracker, hacktivisti, phisher, agenti, spie, o semplicemente il ragazzo della porta accanto” [3]. Il che presuppone che, per questa operazione, si sarebbe formata una sorta di “santa alleanza” variamente assortita e non ci riferiamo ovviamente alle credenze religiose, anche se potremmo notare che si fa riferimento solo alle tre religioni del libro. E nemmeno alla strana unione tra hacker-hactivisti e cracker-phisher [4], ma ci riferiamo alla presenza nell’elenco dei partecipanti di agenti e spie. Questo non significa che il comunicato sia poco attendibile o che “Anonymous” adesso collabori anche con quelli che si solito gli danno la caccia, non abbiamo alcun elemento per sostenere questo. Piuttosto ricorda, per chi ancora non lo avesse imparato, che uno dei problemi ai quali va inevitabilmente incontro un qualsiasi gruppo clandestino è proprio quello di prestarsi molto bene ad essere bersaglio delle tecniche più classiche di infiltrazione e disinformazione. Specialmente quando la sua azione diventa speculare alla politica degli Stati, attualmente innegabilmente impegnati in una campagna internazionale contro lo “stato islamico”.

Il secondo aspetto, più strettamente collegato a Internet, riguarda la presenza sulla Rete di risorse “illegali”, che lo siano solo in un paese o in tutto il mondo è ininfluente. Spesso i giornalisti e i tuttologi blaterano a proposito del fatto che su Internet si trovi di tutto, compresi contenuti che violano qualche legge, e invitano le autorità ad agire e reprimere. Quasi sempre poi, sempre gli stessi esperti, dimenticano di spiegare che la comunicazione elettronica è molto più facilmente controllabile di quello che spesso si crede o si vuol far credere. Senza entrare nell’aspetto tecnico, intendiamo dire che le autorità tollerano del tutto consapevolmente anche i contenuti più “pericolosi” presenti in Rete, in quanto controllando coloro che li gestiscono e li utilizzano possono entrare molto facilmente in possesso di una delle merci più pregiate di questo secolo: le informazioni. Permettere l’esistenza di un sito estremista a volte può tornare molto più utile, per le agenzie della repressione, che chiuderlo. Tutto questo non è certo un mistero e infatti in molti hanno criticato l’azione di “Anonymous” in quanto avrebbe potuto rendere inutilizzabile una risorsa che in quel momento era controllata dai servizi segreti, magari mandando all’aria un lavoro di mesi. Proprio in collegamento a questa critica, qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi che questa operazione sia stata appoggiata, in modo più o meno ufficiale, anche dalle agenzie di intelligence, e questo spiegherebbe il riferimento ad “agenti e spie” del comunicato. Qui ci fermiamo, per non rischiare di finire nel complottismo di seconda mano visto che non abbiamo mai considerato “Anonymous” un gruppo rivoluzionario, nonostante quello che ne pensino alcuni [5] ci limitiamo semplicemente a registrare quello che accade.

Pepsy

Collegamenti

[1] http://thehackernews.com/2015/02/anonymous-isis-cyber-attack.html

[2] http://www.breitbart.com/national-security/2015/02/10/anonymous-hackers-take-down-isis-social-media-accounts/

[3] http://www.independent.co.uk/life-style/gadgets-and-tech/operation-isis-anonymous-vows-to-take-down-accounts-and-associated-with-extremist-group-10035199.html

[4] Sono tutti termini che indicano particolari “tipi” di hacker: gli “hactivist” sono quelli impegnati socialmente e/o politicamente, i “cracker” quelli specializzati nell’intrusione in sistemi informatici a fini di lucro ed i “phisher” quelli che cercano di rubarvi le password fingendo di essere la vostra banca. Si veda l’indispensabile wikipedia per maggiori informazioni.

[5] http://thehill.com/policy/cybersecurity/232583-anarchist-hackers-go-to-cyber-war-with-isis

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