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Occupazioni perché? Un tetto per i processi sociali in rivolta

Occupazioni perché? Un tetto per i processi sociali in rivolta

Una casa non è solo un tetto sopra la testa, un luogo dove trovare protezione dal clima o tornare da un lavoro decente, è soprattutto il luogo dove far vivere e crescere i propri affetti. Ci sono tante persone oggi che non hanno una casa. Sono quelli che pagano il prezzo della crisi. Precari, disoccupati, sfrattati, sfruttati, migranti. Coloro che non arrivano alla seconda settimana, che perdono il lavoro e vengono sfrattati, che devono scegliere se pagare la bolletta o comprare il pane. Quelli che vengono prima rinchiusi nei Cie e poi sfruttati nei campi.

L’attacco al diritto alla casa oggi non passa più solo attraverso la sparizione delle case in affitto, gli sfratti e l’aumento dei fitti: gli inquilini proletari vengono brutalmente posti di fronte all’alternativa tra comprare la casa e rischiare di essere sbattuti sulla strada. Un attacco frontale alle condizioni di vita. Mal alloggiamento, mancanza di un tetto, situazioni di pericolo sanitario, violenze sociali e fisiche, sfratti, costi insopportabili. In tutta Europa milioni di persone subiscono gli stessi effetti drammatici di un mercato della casa e dei suoli sottomesso a un profitto che esplode. È sotto gli occhi di tutti, un concentrarsi della popolazione nelle città, e, nonostante una diminuzione delle nascite, un continuo aumento delle case, vuote. I più vivono in aree urbane, che, a fronte del rapporto tra il continuo aumento della popolazione e la contemporanea diminuzione delle risorse, proprio nelle metropoli vedranno aumentare i conflitti a bassa intensità, se non vere e proprie guerre, per fronteggiare e reprimere le quali sarà necessario utilizzare l’esercito, forze militari. A questo occorre la continua richiesta di “forze del disordine” dopo ogni, “tragedia” (come quello dei Fascio Ultrà vs Barcaccia a Roma), magari pilotata ad arte, nella sua onda mediatica, coltivata per ingenerare senso di insicurezza e impotenza nella società.

Cosa significa oggi comprare la casa? Se la casa è vecchia significa regalare i propri risparmi a proprietari che non hanno mai fatto nulla per risistemarla e si sono arricchiti passivamente sulle nostre spalle, una volta comperata la casa ci si trova con spese altissime da affrontare per rimettere a posto la struttura, più le tasse per la proprietà e per l’immobile.

Se invece la casa è nuova i prezzi sono proibitivi, costringono a indebitarsi con mutui infami per tutta la vita. Comperare una casa per i proletari e i pensionati rappresenta una pesante ipoteca sul proprio futuro. Tutti questi problemi si pongono perché nella società capitalista la casa, come tutto, è una merce e non un servizio sociale: eppure dovrebbe essere garantita a tutti perché avere un tetto sulla testa non è un lusso, ma un diritto. Oltretutto i soldi con cui i padroni costruiscono le case sono ricavati dai profitti che essi ci estorcono. Il lavoro non pagato agli operai diventa denaro che essi investono in case che poi vendono a prezzo altissimo. Si tratta di un vero e proprio furto a cui si aggiungono i soldi delle trattenute sul salario per le costruzione di case popolari.

Dobbiamo allora subire questa rapina sul salario o c’è una alternativa? Noi riteniamo che ci siano soluzioni alternative. L’organizzazione degli inquilini. Formare comitati di inquilini che gestiscono la lotta. Bisogna impedire a chiunque di entrare nelle case per vedere gli appartamenti. Attaccando manifesti e striscioni fuori dal portone e sui balconi in modo che si scoraggino ulteriormente i compratori delle nostre case. Si tratta poi di far sentire la propria voce al proprietario per far rientrare la vendita ed eventualmente sostenere questa rivendicazione con forme di lotta incisive.

Ancora, inventare soluzioni che coniughino condizioni abitative e di vita buone per chi arriva e il loro impiego in operazioni utili per le comunità ospitanti e di riuso intelligente di un patrimonio edilizio altrimenti sprecato. Come nei paesi abbandonati nell’entroterra.

Tutto questo va completato a dispetto di politiche che, anche a livello nazionale, abbandonino la “schizofrenia urbanistica“ che caratterizza l’attuale, come i precedenti esecutivi. Capire che il risanamento del territorio è un assetto sociale legato al paesaggio. La necessità urgente di riutilizzo del patrimonio abitativo, da incentivare anche con gli strumenti di controllo fiscale, che preveda penalizzazioni crescenti sull’edificato vuoto, allarghi il prelievo a tutto il patrimonio, cancellare la possibilità di esenzione per le “case destinate alla vendita”, e favoriscano così, oltre al riequilibrio di bilancio, l’acquisizione di risorse per il recupero urbanistico.

Il patrimonio pubblico è abbandonato a se stesso, non vi sono risorse per le ristrutturazioni, e questo coincide con una demolizione del tessuto socio culturale. Patrimonio da considerare bene comune, da occupare e ottenere poi in comodato d’uso. Giusto un passaggio su un fenomeno, il “mercato delle occupazioni” gestito da associazioni criminali. Quando e dove il movimento per la casa non è presente. Diverse procure hanno avviato dure azioni repressive contro il movimento per la casa. Pubblici ministeri tentano di scrivere la parola fine ad una stagione di lotte appena iniziata. La lotta per la casa ha coinvolto famiglie di sfrattati, protagoniste attive sia nella resistenza che nella pratica dell’occupazione abitativa. La strategia repressiva si è modificata, mettendo in campo l’opzione, consentita dalla legge, ma nuova nella pratica, degli sfratti a sorpresa. Nel frattempo sono scattate manovre repressive contro gli attivisti e pressioni nei confronti degli sfrattati in lotta. Addirittura una procura, Torino, opera una torsione delle norme esistenti per ottenere arresti e processi incentrati su reati gravi, come sequestro di persona, estorsione, violenza a pubblico ufficiale. Reati, che nella comune percezione rimandano a ben altre condotte rispetto ad una lotta sociale, fatta con picchetti antisfratto per ottenere proroghe, cortei spontanei e proteste alla sede degli ufficiali giudiziari. In questi anni la repressione si è incrudita: non hanno fatto leggi speciali, hanno usato in modo speciale quelle che ci sono. Il governo teme che un forte movimento per la casa, un estendersi delle lotte nei settori della logistica e della grande distribuzione, una saldatura con chi quelle ambientali e contro la predazione delle risorse possano fornire la scintilla per un’esplosione sociale, dagli esiti difficilmente prevedibili. Il Partito Democratico, forte della vittoria elettorale, plaude l’operazione repressiva, confermando la propria scelta di trattare le questioni sociali come problemi di ordine pubblico. Chi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate. Reati da tempi di guerra come “devastazione e saccheggio”, l’utilizzo di fattispecie come “associazione sovversiva”, “violenza privata”, “associazione a delinquere”, “resistenza a pubblico ufficiale”, “vilipendio” della sacralità delle istituzioni, sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all’insegna della partecipazione, dell’eguaglianza, della libertà. Non si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. La lotta per la casa mette a nudo la ferocia del sistema sociale, difeso da governo, polizia e magistratura. Migliaia di persone non hanno una casa, o rischiano uno sfratto mentre tante case sono vuote, e le case di proprietà pubblica sono messe in vendita.

Eppure la soluzione sarebbe facile. Tanto facile da fare paura. Il movimento per la casa dimostra che per risolvere il problema degli sfratti e dei senza casa basterebbe abolire la proprietà privata.
Il diritto alla proprietà è sancito dalla legge. Segno che la legge difende il privilegio e condanna alla strada chi non ce la fa a pagare l’affitto. Chi si batte per la giustizia sociale e l’eguaglianza non può che essere contro la legge. Tu con chi stai? Con chi difende il diritto a speculare sulla vita delle gente o con chi vuole un tetto per se e per i propri figli?

Orestes

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