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Il principio speranza del futuro

Il principio speranza del futuro

La Fantascienza è una forma di letteratura popolare – per nulla nel senso spregiativo del termine – nata non casualmente con la società industriale, perché la sua specifica forma narrativa ha permesso e permette tuttora di rappresentare le potenzialità ed i timori degli uomini di fronte ad una situazione che modifica di continuo, in una maniera mai vista prima, le condizioni materiali di vita di ogni essere umano. È facile notare la forte presenza dell’anarchia – intesa sia come appartenenza ideologica e talvolta militante dei singoli scrittori, sia come tematica narrativa che va di là di questi, pur numerosi. Queste schede di lettura vogliono sostanziare la seguente tesi: se, come dicevamo all’inizio, la fantascienza rappresenta i timori e le speranze verso il futuro della società industriale, l’anarchia rappresenta il lato della speranza.

NIEMI, Mikael, Il Manifesto dei Cosmonisti, Iperborea, 2007, p. 250.

Il testo in questione è poco conosciuto dagli appassionati del genere, in quanto è l’unica – al momento – incursione nel campo della fantascienza di questo scrittore svedese che, per di più, in Italia viene tradotto da una casa editrice che con la fantascienza ha avuto poco a che fare.

A cavallo tra i mondi folli degli astrostoppisti di Douglas Adams e la militanza utopica dell’ambientazione dei romanzi e dei racconti del ciclo hainita di Ursula Le Guin, questa raccolta di racconti si snoda intorno alla figura dei camionisti del cosmo che sono o i protagonisti o i narratori delle varie vicende che si susseguono. Il racconto da cui proviene il titolo della raccolta mostra esplicitamente l’ideologia e la prassi politica di questi operai dei trasporti del futuro: non appena essi salgono a bordo di un astronave impongono, senza violenza ma con decisione, l’instaurazione di un’utopia anarcocomunista durante l’intera durata del viaggio e, alla fine di esso, ricordano agli ufficiali ed ai rappresentanti del padronato livellati che quest’utopia può funzionare anche sulla Terra e che anche loro hanno vissuto meglio che in un mondo gerarchico. Il mondo dei cosmonisti è un mondo senza guerre, senza classismi e senza razzismi, dove le varie razze di esseri senzienti del cosmo (androidi inclusi) si relazionano alla pari.

Nelle numerose sfaccettature dell’incontro tra fantascienza ed anarchia, questo testo è forse l’unico specificamente centrato – sia pure nelle tonalità alla Douglas Adams che prima richiamavamo – sul sindacalismo anarchico, sulla prassi politica e sociale dell’anarchismo nel mondo del lavoro. Il tutto in un tono scanzonato che diverte dalla prima all’ultima riga, sulla falsariga di Galassia che Vai di Erik Frank Russell, altro romanzo cui Il Manifesto dei Cosmonisti può essere paragonato. Per finire, un estratto del “Manifesto dei Cosmonisti”:

Il primo punto del manifesto dei cosmonisti recita infatti così: – Noi non abbiamo uniformi. Gran parte delle flotte delle maggiori compagnie minerarie e di trasporto prevede infatti l’obbligo della divisa. In orario di lavoro si devono dunque indossare costantemente queste giacche diagonali blu marine munite di colletto con pantaloni abbinati in tessuto laminato con piega permanente e bande laterali, a cui si deve aggiungere, per il lancio e l’atterraggio, un berretto a visiera e per il resto del tempo un elmetto rinforzato, un basco da caccia o eventualmente un berretto da vela, oltre agli scarponi unisex in sintetico. Che schifo: non dico altro. Ci togliamo tutta quella roba alla massima velocità possibile e tiriamo fuori la maglietta preferita con la stampa effetto giungla, o magari una felpa con cappuccio o perfino una bella vestaglia lisa come piace a noi. E poi proclamiamo: – Del tu a tutti. È il punto successivo. Niente signor, monsieur o sir, niente saluti o inchini feudali, niente gradi: tutti i nostri ufficiali e superiori si trasformano in compagni e amici. Se si rifiutano, si scatena un mobbing infernale, tutti i sottoposti si mettono immediatamente a frugargli in testa in cerca di pidocchi, a mo’ di scimpanzé, e anche sotto le ascelle e nell’inguine, dopo che gli sono stati strappati via i vestiti, e la procedura viene ripetuta finché l’ufficiale in oggetto non si è trasformato in una persona normale. Dopodiché s’introduce lo: – Stipendio parificato. Ce ne sbattiamo solennemente di tutti i livelli salariali, del lavoro a cottimo e delle gratifiche riservate agli ufficiali che vigono sulla Terra. Nello spazio sacrifichiamo tutti la stessa quantità di tempo. Forse che la tua vita dovrebbe valere più della mia? No: semplicemente, si mettono insieme tutti gli stipendi, alti e bassi, e poi si divide in parti uguali. I terrestri in genere montano su tutte le furie, quando vengono a saperlo: sia la società sia il sindacato sostengono che siamo dei sabotatori, ma noi ci limitiamo a cancellare le loro mail rabbiose. Poi stabiliamo che: – Siamo tutti proprietari dell’astronave. Questo principio vale senza riserve per tutta la durata del viaggio. La nostra astronave è la nostra casa e la nostra sopravvivenza, il sottile guscio d’uovo che protegge le nostre vite. Se s’incrina, crepiamo tutti. Per questo tutti hanno la responsabilità di tutti gli spazi. Siamo tutti proprietari della stiva. Siamo tutti proprietari dei serbatoi del carburante. Tutti abbiamo lo stesso diritto di accesso al plotter di navigazione, al climatizzatore o alla playstation. Tutti i cartelli con la scritta Vietato l’ingresso vengono asportati. Solo quando si rientra sulla Terra, la società rientra in possesso dell’astronave: fino a quel momento, appartiene a noi. – Sesso libero. Facciamo. Così si dice, almeno. Sì, è uno dei pregiudizi più comuni riguardo a noi cosmonisti: in pratica, durante i viaggi vivremmo in una collettiva del sesso. Quanto a me, non posso che confermare energicamente questa leggenda metropolitana, questa diceria che ricorre costantemente sul nostro conto. – Non mugugnare. È l’ultimo punto del manifesto. Fai quel che devi, quel che riesci, quel che puoi. Ma non mugugnare. Non credere che le cose migliorino se lo fai. Non menarla. Non rompere. E per la miseria, non girare con il broncio. Ecco, vivere in pace è solo questo. Il manifesto dei cosmonisti sarebbe in grado di creare la pace sulla Terra già domani.” (NIEMI, Mikael, Il Manifesto dei Cosmonisti, pp. 99-101)

Enrico Voccia


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