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“Se non posso ballare, questa non è la mia rivoluzione”

“Se non posso ballare, questa non è la mia rivoluzione”

Il 22 dicembre Paola, dopo un anno di malattia, ha finito di soffrire. Aveva 62 anni. E’ stata militante del Gruppo Germinal per più di 40 anni.
Molte persone hanno mandato le loro condoglianze e molte hanno espresso quello che Paola aveva rappresentato per loro. Il più delle volte nei messaggi si trovano le parole “sorridente, impegno, fare”.
Quelli a lei più vicini si permettevano anche “condizionante, testarda”. Penso che per ognuno di noi, se si vuole essere sinceri e non scadere in panegirici senza senso, possa emergere questo dualismo. La volontà di essere anarchici in mezzo alla difficoltà di esserlo veramente. Che fatica sia l’una che l’altra!
Paola ragazzina. La seconda di tre sorelle. Una madre molto amata, un padre inviso. La volontà di uscire da quel luogo, spesso atroce, chiamato “famiglia”. Va alle superiori, istituto odontotecnico. Qui ha la fortuna di conoscere Patrizia che indossa la divisa scura dell’Istituto di accoglienza in cui vive; è diversa dalle altre ragazze che sfoggiano minigonne e calze di nylon. Patrizia si siede in fondo all’aula, sola, isolata. Paola se ne accorge, lascia il suo banco e le si siede vicino. E’ il primo segnale di una sensibilità latente e della decisione che la porta a saper dove e con chi stare.
Inoltre Patrizia conosce già l’ambiente libertario; ha fatto qualche esperienza di tipo antimilitarista. E’ lei che la porta in via Mazzini 11 nell’autunno del 1975. Lì conosce giovani e vecchi del Germinal e Umberto Tommasini; scopre di essere anarchica senza saperlo.
Paola poteva essere molto rigida se le cose non venivano fatte alla sua maniera, essere dura con gli altri e con se stessa, ma aveva anche una grande capacità di rapportarsi in modo eccellente con i lontani.
Una solidarietà immediata, quella di Paola: l’empatia con i bambini (prima i miei nipoti, poi i suoi, poi i bambini di Urupia e infine l’affetto sconfinato per la bisnipotina Estrella, nella cui mente non ancora condizionata si immedesimava completamente). Empatia con i “pazzerelloni” che, dopo l’apertura dell’Ospedale Psichiatrico di San Giovanni, spesso passavano per la sede.
Anarchia vitale”, “anarchia sotto la pelle”. “Cosa sarebbe stata la mia vita se non avessi incontrato l’anarchia?”
Tantissimo impegno in tanti campi, tantissime curiosità, tantissimi conoscenti e amici in città, sul Carso, in Italia, un po’ in giro per l’Europa.
Prima lavora in uno studio odontotecnico, poi come tecnico di laboratorio nella scuola “Galvani” dove aveva studiato; poi lascia l’insegnamento perché troppo intrappolato nella burocrazia e nelle scadenze ufficiali. Poi il tentativo di inserirsi nella Comune Urupia con la quale ha sempre mantenuto fortissimi rapporti, anche quando aveva deciso di non fermarvisi.
Il lavoro manuale inteso sia come impresa artistica (scolpire la pietra) che come artigianato (il lavello in pietra carsica per la sua cucina), la scoperta delle erbe per curarsi e per mangiarle, il piacere di cucinare per sé e per gli altri (Casa Gialla del Popolo, il ristorante Spazzacamino, le cenette in sede prima di riunione invece della solita pizza), la pittura. Lo studio del corpo attraverso il metodo Feldenkreis, i viaggi in giro per l’Italia e nel mondo per conoscere e poi mantenere contatti. L’amore per la lettura (tanta fantascienza, ma non solo), per il cinema, per i fumetti (Andrea Pazienza). L’esperienza del coro Voci Arcutinate, da lei promosso con Adriana e Chiara che all’inizio le aveva dato piacere e molte soddisfazioni.
E poi il lavoro politico con il Gruppo Germinal durato tutta la vita. La lotta antimilitarista, il ’77 vissuto come scontro a tutti i livelli e contestazione profonda, la rabbia per l’uccisione di Pedro (un autonomo ucciso dalla polizia a Trieste nel 1985), la partecipazione a Radio Libertaria poi Onda Libera (bellissime le trasmissioni legate alla controinformazione con letture, assieme a me, di Umanità Nova, A, Frigidaire, il Male), il lavoro nella libreria Utopia 3 fino all’81. Le proteste contro le nuove guerre che dopo anni di “pace” stavano riprendendo piede, l’impegno ecologista a seguito del disastro nucleare di Chernobil e la lotta contro la più vicina centrale a carbone di Monfalcone, i contatti con i paesi della vicina ex Jugoslavia per la preparazione del convegno “Est, laboratorio di Libertà” dell’aprile 1990, quello sull’autogestione in Carnia. Ancora il femminismo, il laicismo, il sostegno alla lotta contro Tav, Muos…
Un altro grosso impegno era la redazione e la diffusione di “Germinal”; riuscì a far uscire il numero 125, nonostante la malattia, nel maggio del 2017.
L’avvicinamento alla Mag 6 di Reggio Emilia e ai suoi corsi di formazione, cosa che poi ci ha permesso di acquistare la sede di via del Bosco per la cui ristrutturazione ha profuso tutte le sue conoscenze e l’impegno.
I contatti con la FAI e l’insistenza affinché il Gruppo Anarchico Germinal mantenesse un impegno anarchico specifico e non si annacquasse in iniziative di massa di tipo riformista.
L’elenco sarebbe lunghissimo. Non c’è quasi modo di farlo in così poco tempo. Ognuno di noi sa quando l’ha avuta vicina in qualche lotta. E aveva ancora in mente altri progetti da realizzare.
Ci mancherai per l’ostinazione e l’attenta solidarietà, i sogni e i colori, il canto e le erbe, per la tua anarchia.
CA


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