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Un medico femminista ed antifascista

Un medico femminista ed antifascista

Dedicò la sua vita alla medicina e fu una delle fondatrici di mujeres libres. Esercitò la sua professione da una prospettiva femminista e di classe aiutando le donne operaie ad abolire pregiudizi e tradizioni riguardanti la maternità e la sessualità. Ha curato i bambini rifugiati della guerra civile ed è fuggita dalla Spagna. Morì, il 15 aprile 1968, in esilio e povertà.

Non è una carriera adatta ad una donna”. Così suo padre, un sergente, rispose ad Amparo Poch y Gascón, quando la giovane donna chiese di poter studiare medicina. Cedendo ai suoi ordini fini per studiare al magistrale, nella sua città natale, Zaragoza e si laureò con lode. Una volta terminata questa sorta di obbligo, però, rinasce la nuova Amparo Poch y Gascón che avrebbe sfidato suo padre ed un intero sistema nel quale la volevano relegare, nella Spagna del primo Novecento. Così racconta Antonina Rodrigo in uno dei pochi libri a lei dedicata.

Nel 1922 Poch si iscrisse a Medicina, dove non ebbe remore a denunciare il maschilismo ed il modo di come la società a quell’epoca guardasse con scherno e disprezzo a lei che, come donna, decise (e poté) studiare all’Università.

Tra oltre 1400 studenti dei corsi di medicina a Saragozza, solo 32 erano donne. Nel corso della sua carriera ha anche cercato di applicare le sue conoscenze a beneficio della popolazione più vulnerabile e povera, soprattutto in un’ottica di prevenzione.

Fu un lavoro dove fece i suoi primi passi da militante e che esercitò clandestinamente dopo il colpo di stato di Primo de Rivera. Sette anni dopo l’inizio degli studi, ottiene una laurea con lode in tutte le materie di Medicina, che erano nel totale totale 28. Inoltre la sua laurea ottiene un premio speciale per essere stata l’unica donna durante gli esami a sostenere l’argomento, a tempo di record, riguardante il tema del “valore diagnostico dell’esame del liquido cerebrospinale”.[1]

Fu la seconda donna a laurearsi nella sua facoltà. Da lì in poi ha fatto molto di più che praticare la sua professione. Attraverso essa ha di fatto realizzato la sua vera e propria totale dichiarazione di intenzioni e principi. La giovane donna scrisse un primo romanzo sull’amore libero e rivoluzionario, lontano dal conservatorismo, e le sue parole e le sue idee cominciarono a essere pubblicate nei giornali dell’epoca.

Il femminismo cominciò a diventare tema di dibattito e alcuni giornali hanno persino creato sezioni specifiche sul tema, come il periodico La Voz de Aragón. In uno dei suoi articoli, Poch afferma che la donna è un “essere umano libero, cosciente, con tutte le libertà, attributi e diritti dell’uomo, e la sua voce (…) è quella della giustizia”.

Sosteneva che il femminismo, in termini di recupero dei diritti, non rappresentava un problema, “anche se l’egoismo, le comodità [maschili] e l’ignoranza lo complicano e lo descrivono come tale, ma è bensì un movimento ideologico.” In un altro dei suoi articoli, aggiunge, nel novembre 1928: “Se la donna lavora, sposata o single, è perché vuole guadagnarsi da vivere in modo che, una volta ottenuto, possa esercitare il suo legittimo diritto a conoscere e godere delle molteplici soddisfazioni che sono a portata di tutti. Non basta il meschino ruolo programmato di cucire, cucinare, ricamare, ecc. Come compagna del suo uomo resta a casa e relegata lì o in luoghi del genere, mentre il suo compagno e marito la lasciano mantenendo sempre l’onore ed il cognome.” Nel 1929 apre il suo primo consultorio in una stanza della sua casa in via Madre Rafols, per poi trasferirsi nell’avenida César Augusto.

Pubblicò nel periodico La Voz de Aragona un annuncio che diceva: “Consultorio medico per donne e bambini da tre a sei anni. Speciale per le famiglie operaie da dodici a un anno”. Il fatto è che Poch ebbe sempre coscienza delle necessità delle donne operaie, per tutte coloro cioè che, in quanto donne, percepivano un salario fra il 55 ed il 60% inferiore a quello degli uomini, per lo stesso impiego, con gionate di lavoro più lunghe, aggravate anche dal lavoro domestico. Spesso per i suoi pazienti più poveri, come medico, non chiedeva alcun compenso e somministrava medicine gratuitamente a quelli che non potevano permetterselo.

Fino al 1931 le lavoratrici avevano solo sei settimane di riposo dopo il parto, ma senza stipendio. Tutto il lavoro di Poch si concentrò sull’educazione alla salute e sulla prevenzione delle malattie, stilando linee guida e schede informative per le madri, con raccomandazioni da seguire durante la gravidanza e l’allattamento al seno per ridurre la mortalità infantile. In queste schede, scrisse una dedica: “A tutte le donne madri a cui nulla è stato detto della loro maternità, una volta – abbastanza di rado – per vergogna; e altre volte – con troppa enfasi – per la gloria.” E, come ricorda Antonina Rodrigo nella biografia di Poch, fino al 1931 la donna lavoratrice aveva solo sei settimane di riposo dopo il parto, ma senza stipendio, sicchè la maggior parte ritornava al lavoro dopo pochi giorni di riposo senza tener conto che, molte volte, trascinava con se i suoi problemi di gestazione come l’anemia, emorragie o malnutrizione.

Molto prima, Poch si era ribellata anche contro gli uomini che trasmettevano malattie veneree e lasciavano le madri sole con i loro figli. Al riguardo disse: “Stampa, pulpito e tribuni moralisti.
Occupatevi di questo lavoro morale maschile che genera drammi. (…). Occupatevi delle conseguenze dell’impurità dell’uomo che nessuno si preoccupa di contenere, impegnatissimi come siete tutti voi nel convincere le donne di essere il sostegno e la base di quella società che invece le mette da parte e le lascia, con i loro bambini, in balia di un crimine non ancora qualificato, senza alcuna difesa”.

Il corpo della donna e la sua sessualità furono sempre una costante nei suoi studi. Parlava di metodi contraccettivi e ha scritto nel 1932 “La vita sessuale delle donne”, con lo scopo di sensibilizzare su igiene, organi riproduttivi, gravidanze e malattie sessuali. Inoltre era a favore dell’aborto, questione all’epoca controversa. Ricordava come, in caso di aborto, le donne lavoratrici che ricorrevano ai metodi domestici e “fai da te” finivano per morire, mentre le donne più ricche disponevano all’occorrenza di un medico. Difese l’aborto in quei casi “quando la fecondazione è la conseguenza di un atto in cui non c’è volontà da parte della donna, quindi non può essere costretta a subire le conseguenze di una situazione forzata, e ancor meno ad accettare un figlio dia un uomo che forse aborrisce.

Quell’anno, si sposò, con rito civile, con Comín-Gargallo Gil, col quale condivideva gli stessi ideali, ma fu un matrimonio fugace e di breve durata. Ha sempre scritto a favore dell’amore libero e fu una strenua sostenitrice della separazione e del divorzio. Nel 1934 si trasferì a Madrid e aprì un’altro consultorio medico, a Vallecas, sempre per le donne lavoratrici e per i loro bambini. A quel tempo era già militante della CNT e faceva parte della mutua associazione medica del sindacato. In quegli anni, insieme a Lucía Sánchez Saornil e Mercedes Comaposada, scrisse in numerose occasioni sulla rivista Mujeres Libres creata per la liberazione della donna lavoratrice. Inoltre scrisse sulla rivista, molte altre volte, non solo in relazione alla sua esperienza medica, ma anche sull’istituzione del matrimonio o sulla guerra civile. Nei mesi precedenti, prima delle voci su un probabile colpo di stato militare, Poch scrisse in un articolo: “Non ascoltate gli inni nazionali o le parole roboanti che parlano dei falsi doveri patriottici, ma ascoltate quell’altra voce dolce e profonda che viene dal proprio cuore e insegna il precetto intangibile di amare tutti gli esseri e tutte le cose (…) Fai emergere la luce e affonda tutto ciò che suscita odio”.

Questo era il periodo in cui insegnava corsi per l’infanzia o ispezionava colonie di bambini rifugiati, come quella che organizzò per 500 bambini del Messico o per altri dalla Francia o Russia. Ha lavorato dal 1936 al 1937 come direttore dell’assistenza sociale presso il Ministero della salute con Federica Montseny. Pacifista, il suo impegno medico e morale la condusse negli ospedali di guerra, a fianco di rifugiati e bambini. La stessa rivista Mujeres Libres riecheggiava la consapevolezza delle donne contro il fascismo, con messaggi del tipo: “Tu, donna, puoi fare molto. Le donne antifasciste combattono e lavorano sul fronte e in retroguardia. Vieni con noi! Non importa se sei comunista, socialista, anarchica, repubblicana o senza un partito: un denominatore comune ci unirà: l’odio per il fascismo!”

Nella capitale catalana ha anche condotto un programma di formazione per le brigate di soccorso. Nel 1937 arrivò a Barcellona e lavorò come consulente pedagogica presso la “Casa della donna lavoratrice”, dove insegnò e addestrò le donne lavoratrici su conoscenza e cultura. Le donne che arrivarono alla Casa ricevettero lezioni gratuite e gli fu solo chiesto di imparare. Nella capitale catalana condusse inoltre un programma di addestramento per le brigate di soccorso, in cui i partecipanti furono istruiti sull’asfissia, sui traumi, le emorragie e le trasfusioni di sangue. Ma Franco vinse la guerra e Poch fuggì.

Riuscì a raggiungere Nimes, in Francia, anche se con un lasciapassare che gli proibiva di lavorare. Fu allora che le sue conoscenze mediche e la sua esperienza furono messe a tacere e dovette lavorare nel “sommerso”: ricamare o fare cappelli in un laboratorio clandestino. Lei e il suo compagno, Francisco Sabater, in seguito si trasferirono a Tolosa. Lì, la sua vita lavorativa ritornò alla normalità ed esercitò di nuovo la sua professione curando i pazienti spagnoli. Collaborò anche con la Croce Rossa o nei corsi per corrispondenza organizzati dalla CNT.

Nel 1965 le fu diagnosticato un cancro al cervello. Un anno dopo scrive alle sue sorelle perché desidera vederle, ma loro rifutano decisamente. Come se Poch fosse stata la vergogna della famiglia. Alterna periodi in ospedale a periodi di miglioramento. In qualche occasione, sopraffatta dal dolore e dalle sue facoltà mentali diminuite, tenta il suicidio prendendo dei sonniferi. Esaurita dalla malattia e dallo squilibrio mentale, muore il 15 aprile 1968. Più di 200 esuli spagnoli parteciparono al suo funerale. Quando morì, aveva solo 16 franchi e 29 centesimi nel suo portafoglio.

Il quotidiano Espoir di Tolosa scrisse nella cronaca che Amparo Poch y Gascón “ha vissuto le difficoltà di tutti coloro che hanno lasciato la Spagna, perché non volevano accettare il trionfo del fascismo. Al suo funerale fu accompagnata da molti uomini e donne, di tutti i partiti e organizzazioni politiche, i quali sapevano quanto fosse disinteressata ed esemplare la sua vita da medico, dedita ad aiutare e guarire coloro che ne avevano più bisogno.”

Traduzione di Flavio Figliuolo

NOTE

[1] La commissione d’esame presieduta da Santiago Pi Suñer doveva valutare sette aspiranti E Poch era l’unica donna. L’argomento estratto a sorteggio fu appunto “il valore diagnostico dell’esame del liquido cerebrospinale”. Per sviluppare il tema gli studenti avevano quattro ore a disposizione, Poch consegnò il suo compito dopo 21 minuti e le fu assegnato un premio speciale.


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